venerdì 18 luglio 2008

Videopresentazione del libro di Lorenzo Ramadoro alla libreria Boreà - 8/03/2008


La trovate direttamente su YouTube,
cliccando QUI

In un solo respiro, dentro questa bolla di tempo incerto, voglio ringraziare coloro che mi hanno aiutato a realizzare la presentazione svoltasi presso la libreria Bòrea l’ 8 Marzo 2008, senza dare un ordine di preferenza, piazzandoli secondo come detta l’alfabeto.

Ringrazio, quindi:
Giada Bassetti (editor di ed. Il Filo)
Valeria Bergamaschi (valutatrice manoscritti di ed. Il Filo)
Walter Bertozzi (libreria Bòrea)
Silvia Conti (redatrice articolo su Il Progresso)

Gabriele Guglielmi (curatore della regia)
Susanna Meloni (libreria Bòrea)
Alessandro Moscé (relatore)
Valentina Petrucci (comunicazione, ed. Il Filo)
Stefano Ramadoro (curatore grafica e illustrazione)
Dandolo Travaglia (revisore del romanzo e relatore)

Tra l’altro mi sento anche di specificare che il Marco citato nella presentazione è Marco Stagnozzi, il che mi permette di citare la presenza di alcuni membri del gruppo Saltatempo in sala che ho gradito particolarmente data la passione che ci accomuna
e Silvia Conti per l’appassionata recensione che ha fatto del mio libro.
Ringrazio anche tutti i parenti, amici e sconosciuti che hanno riempito la libreria.

Sento inoltre il dovere di scusarmi con Walter e Susanna per il mancato accento sulla libreria ad inizio presentazione (una delle mie sviste, al solito)

mercoledì 27 febbraio 2008

ELFO OSCURO di Daniela De Maria

lunedì 19 novembre 2007

Supporta la mano!!!

Marco Stagnozzi:

Un mio lavoro è in concorso nello Showdown della Shaatchi Gallery!!!Fatemi fare bella figura!!! :)

Clicca sul link qui sotto e scegli il voto con le stelline:

http://www.saatchi-gallery.co.uk/showdown/index.php?showpic=96349

Il lavoro in gara è: "La mano" acrilico e olio su tela con spruzzate di smalto dimenzione 50x70 attualmente in mostra alla libreria Bòrea di Fabriano.



GRAZIE



lunedì 5 novembre 2007

Presentazioni, Interviste e Recensioni della raccolta "I mutevoli sensi dell'Umano" LORENZO RAMADORO




POTETE TROVARE SUL WEB...
la recensione-intervista di Lorenzo Ramadoro
su
MokaWeb
(legata al suo libro da poco edito)


nonché la recensione di Lorenzo Allegrini
postata al 10 settembre




Tra l’altro,
L’autore sarà impegnato a Roma in 2 presentazioni

e una intervista radiofonica


Ven 30 novembre ore 18
presentazione assieme a quattro libri editi da Il Filo
libreria Liber.menTE, via del Pellegrino 94 (Roma)
(vicino piazza Chiesa Nuova)
interverrà lo scrittore Dandolo Travaglia


Lun 10 Dicembre ore 18
presentazione
libreria Rinascita, via delle Botteghe Oscure 1 (Roma)
relatrice Cristina Antonia Calamaro
(per chi se lo domandasse…
proprio QUELLE Botteghe Oscure, già!)



Giov 13 dicembre ore 21-23
si terrà la trasmissione La Luna e i Falò nella quale andrò in diretta
con una mia breve intervista radiofonica.
(la radio Nuova Spazio Radio è diffusa solo nella regione Lazio
sulla frequenza 88.10 ma potete ascoltarla in diretta sul sito
www.elleradio.it )

giovedì 1 novembre 2007

VIOLETTATA su MOKAWEB

Il nostro gruppo è apparso sul sito di MokaWeb, un portale artistico che fino ad oggi conta circa 60.000 visitatori.





Titolo dellopera:
Violettata,
frutto della colaborazione di
Elisa Mearelli
&
Lorenzo Ramadoro


(opera esposta per la prima volta durante la manifestazione per la Decrescita dello scorso Aprile)

PENNEDOKA CHIUDE!













Già in un altro post avevamo parlato della rivista Pennedoka-Pennebik .
La rivista era realizzata dall'Informagiovani di Alessandria con la collaborazione di gruppi locali quali ad esempio la Anonima Artisti, nonché il nostro stesso gruppo.

Purtoppo, dopo appena sei numeri il comune di Alessandria ha deciso di incorporare la rivista con altre sue riviste, riducendo di fatto l'autonomia di una rivista che era diventata voce e vetrina di tanti giovani.

Con questo post vogliamo esprimere il rammarico per una rivista dedicata ai giovani artisti che, una volta tanto, era curata in modo inpeccabile a livello di grafica.
Una rivista che molti di noi hanno preso come esempio per la realizzazione di una rivista simile qui a Fabriano.
Un progetto che per ora risulta molto lontano...

Ringraziamo quindi la redazione di Pennedoka per averci offerto la possibilità di venir pubblicati sulla sua rivista, nella speranza che la loro rivista venga ripresa al più presto.

martedì 16 ottobre 2007

Strisce Parallele, LORENZO RAMADORO rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.17 __commento di Giulia Massini __foto "Tunnel Vision" di kwsanders

Con questo numero si chiude la rubrica, ringrazio tutti i collaboratori che hanno illustrato e commentato i racconti. Senza i quali questa rubrica non sarebbe stata la stessa.

Leggendo questa confessione diaristica, il lettore, come una spia, viene introdotto nel territorio privato della narrativa di uno stato d’animo, tormentato dalle incertezze del desiderio amoroso contro cui l’ego coinvolto intrattiene una lotta tenace: l’amore come malattia e come veicolo privilegiato per sondare l’interiorità.










Mi ammicca. Non mi viene altro da pensare…
La strada.
Ricordo la lunga lingua scura spezzata a metà da due costanti linee bianche. Costanti, ottuse nel non volersi mai incontrare.
Lo so, non l’incontrerò più una donna come lei.
Adesso lo sento. Come un squarcio in testa. O forse è un corpo duro che mi sale dallo stomaco.
Un inghiottire al contrario, non come il vomito, più indistinto, scomposto.
L’auto ha percorso il tragitto. Il cambio di marce. Lento.
La prima fino alla quarta. Le curve strette non permettevano errori. La disattenzione, un attimo, e mi ritrovavo a dover spezzare il mio moto rettilineo.
Mi destavo dal pensiero, non so quale. I fari delle auto schiantatimisi contro come cani rabbiosi. I miei occhi, prede indifese.
È così, mi si feriscono, e lacrimo. Sono fragili.
Occhieggia. Sono confuso. Le lunghe ciglia sono forse solo un sogno. Forse è altro.
Arrivato al tavolo, non sapevo bene cosa dire. Era una di quelle giornate fatiscenti.
Non di corpi in pezzi, no. Assomiglia più al cedere di una menzogna. Sapete, quando s’arrende ogni fandonia e la serenità assume possesso del tuo stato d’animo. Stai ben con te stesso, solo non accetti la presenza di altri.
Ti sono sgraditi, inadatti a quel tuo piccolo mondo perfetto che ti sei creato.
Sedetti, lei mi era distante. Tre, forse quattro posti. Troppi. Comunque



Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

Momenti Immemori, LORENZO RAMADORO rubrica Racconti curiosamente iridescenti n. 16 __commento di Lorenzo Allegrini __illustrazioni di Elisa Mearelli

Questa è la 50ª rubrica che pubblico nel giornale e mi sento di considerarlo un buon risultato da rendere noto ai lettori.


L’equilibrio nel mercato è l’unico possibile per Mooren, come gli ha insegnato il padre: imparare ad esporsi senza offendere. Ma così il protagonista incontra precoce l’idea della morte, e il senso di una società che si sgretola senza salvezza. La dimensione del mercato, se assoluta, nel mezzo di una crisi economica è capace di distruggere l’uomo individualmente. E, come sempre, è il più debole a soccombere.




Il mio primo ricordo da piccolo è un pavimento che si avvicina sempre più. Poi la caduta si arresta, ed io mi ritrovo sospeso in aria, salvato in extremis da mio padre. Sorridendo mi posa sul muretto e mi dice «stai sempre attento a non sbilanciarti troppo, resta in equilibrio e vedrai che vivrai sempre bene.» Al tempo avevo sì e no 3 anni, eppure ricordo quelle parole come fossero oggi. Sarà perché ha ripetuto quella frase altre trecento volte?
Mio padre,,, fosse per lui qualunque movimento è superfluo. La stabilità è il suo primo fondamento. Mai sporgersi più del dovuto. Mai sbilanciarsi, mai impelagarsi in “estremismi”. Così ho fatto. Guardo la televisione, leggo i libri, spulcio riviste. E sempre, sempre, trovo pro e contro di tutto, tanto che poi alla fine mi conviene restare fermo.

Alzo la biro e la pianto nel foglio. Come fosse la mia mano. La stringo giù dura. Fino a quando la punta si spezza.
Una macchia azzurra si spande colando in terra, schizzando la mano.


Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

lunedì 15 ottobre 2007

l'Altra(1), LORENZO RAMADORO -rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.14 commento di Federica Pallotta illustrazione di Elisa Mearelli

Nel nostro piccolo, nel nostro mondo capita di conoscere persone che hanno gli stessi problemi dei due personaggi del racconto di Lorenzo. Due innamorati che combattono contro il più duro dei cattivi: la droga, la dipendenza, che porta alla solitudine. Perché se quando cominci sei piena di amici, in compagnia, poi tutti ti abbandonano a marcire con quello schifo. Maledici chi per la prima volta te l’ha offerta, te l’ha venduta, ma chi ha messo i soldi sei tu, egoista creatura che quel giorno ha voluto provare cosa significa drogarsi, la cocaina, l’eroina. Sapere che poi nessuno riuscirà a tirarti fuori, forse ti spingerà a non iniziare mai. Sapere che per quello schifo dovrai morire ancora prima di quanto il destino abbia deciso per te, ti spingerà a non toccarla, e quando qualcuno te la offrirà, la prenderai e la butterai nel cesso.





Il letto è madido, pregno di sudore
Lo vedo girarsi e rigirarsi tra le lenzuola. Lo raccolgo come fosse un cucciolo proteggendolo da sé stesso, dalla sue paure. Un abbraccio che è retaggio di un passato limpido.
Lo bacio sulla fronte, i tremiti diminuiscono.
Poi lei risale dalle viscere.
Lei, L’altra. Quella che l’’ha portato via da me. La schifosa che lo vuole stringere a sé. Ma io non mollo. Non lo lascerò uscire dalle braccia. Lo costringerò in una gabbia di amore e cure, fino a quando lei sarà solo una ricordo. Un pezzo oscuro del suo passato da gettare nell’oblio. Io l’amo, questo scricciolo d’uomo dalle spalle larghe ridotto a pelle e nervi. Teso, con gli occhi persi nell’immenso biancore del soffitto.
La luce del sole attraversa la stanza fermandosi con i suoi raggi ai piedi del letto.
Il suo è un tremare incostante che s’alza e ridiscende d’intensità. Lei l’ha reso timoroso, capace di aver paura. Gli ha mostrato l’eventualità della morte accompagnandolo fin sull’orlo. Lui ha visto sotto e non ha più dimenticato. Non si può dimenticare una simile visone. Una così pressante presenza della morte.
È lì. Palpabile, al tuo fianco.
È un’eventualità più che possibile. Ogni volta che la incontri sai delle sue due facce, sai che potrebbe rivelare il suo volto scheletrico. Rapirti, portati via.
Non più per un breve periodo. Non più un gioco. Sai che lei potrebbe ucciderti. Da lì in poi si vive nella paura. Si trema, si impreca. Ci si accanisce sugli altri. Non si è più un gruppo di amici ma un branco assetato di moneta. Si è marionette, sudditi, schiavi. E quando ci si rende conto della realtà, della verità nelle frasi fatte dei genitori, è troppo tardi. Ci si sente merde, si è nullità.
Ma io ho un obiettivo. Un scopo preciso, e non permetterò lei di portarmelo via.
Un sussulto ancora e perdo il filo del pensiero. Mi raggomitolo attorno al mio uomo. Lo tengo stretto a me, al mio corpo. La testa poggiata al mio seno, lo cullo.



Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

l'Altra(2), LORENZO RAMADORO -rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.15 ___commento di Giulia Massini illustrazione di Elisa Mearelli


La dipendenza è un bisogno incontrollabile di assumere costantemente l’oggetto desiderato, anche a scapito della propria salute e della tranquillità di una vita equilibrata e “corretta”. Si può sviluppare in maniera del tutto inconsapevole, nelle cattive compagnie, cedendo all’insofferenza, nella volontà di buttare tutto all’aria senza una ragione, o semplicemente rispondendo alle insicurezze e alle inquiete domande della presenza altra che nell’intimo, silenziosamente, abita ciascuno di noi. Questa voce che ci suggerisce cosa desiderare informa di sé il suo ospite facendo scaturire nei pensieri “regolari” un’immagine di crisi, un’idea di autodistruzione. La prova cruenta di perdere la strada maestra può essere anche definitiva, così come ci suggeriscono i due testi poetici, ma ciò non impedisce di tentare una lotta al malessere almeno abbracciando la condivisione e l’amore di chi è disposto a rischiare per salvarci. Non si sa mai che sia l'inizio di una nuova vita, una speranza covata nell'anima che controbilanci un poco il lato oscuro del desiderio.






Dentro

Un presentimento
Ha paralizzato la mano
Prima che il sole si spegnesse
Anche nelle mie pupille

Scintille, schizzi di memoria
Son passati
Hanno attraversato
Aprendomi gli occhi alla mia condizione
Al miracolo della procreazione che si ripete

Ora giace
E io gli sono accanto
Solo un poco più in alto
della terra in cui riposa

Attorno il silenzio lascia i suoi segni
Cupo magone
Sconforto
L’impotenza di chi stringe i pugni
Con la consapevolezza degli sconfitti

Come me, i suoi genitori
Trafitti
Scoraggiati
Afflitti

Non sanno ancora…
Riposa in me un figlio
Sorto
Creato
Su di uno spacco

Una nuova vita
Apertasi con un’evitabile morte

Un figlio
Un piccolo seme piantato dentro
Conficcatomi in corpo

Orribile
Duro
Scuro
Questo paragone
Eppure sorge spontaneo
Una vita succhiata via da un ago
Una vita iniettata nel ventre

Andrea
Un ultimo addio
Prima che parta lontano
Cercherò di dare un nuovo futuro al piccolo
Proverò così come ho fatto con te
Non fallirò questa volta
Ti prego
Credi in me
…abbi fede nelle parole della donna che l’ho tiene in corpo




Bocciolo

È un flusso
Questa consecutiva serie d’incontri
Quest’imbattersi in sconosciuti ed amarli
Apprendendo da loro la densità della vita

Cresce di giorno in giorno, la piccola
Cresce ed ogni giorno mi ricorda chi eri

La presenza del mio uomo accanto lei
Non cancella i nostri momenti assieme
Distesi a parlare
Nella necessità di darci conforto

Alla fine la bastarda non ha avuto una completa vittoria su di noi
Lei lo dimostra
E lui è un buon padre
Gentile e affettuoso
Seppure cocciuto e bruttino

Ma l’aspetto non conta
L’ho imparato standoti accanto
Quanto poco sia la forma
Paragonata al contenuto

Il sorriso di lei risplende
Il suo brillare
Candide promesse

Frutto limpido sgorgato
Da acque impure

Bocciolo da proteggere
In attesa di vedere
I suoi rami sparsi in cielo

lunedì 17 settembre 2007

Mostra d'arte del gruppo saltatempo al loggiato di S.Francesco

Un successo o un buco nell'acqua? di Marco Stagnozzi

FABRIANO - Si è chiusa ieri la mostra di giovani artisti allestita giovedì scorso, in occasione del festival multietnico organizzato dal Circolo A.R.C.I. di Fabriano. Grande lo sforzo dei pochi organizzatori e poco l'interesse che la cittadinanza ha dato a questa prova di forza dei giovani, ingenui ma testardi. La responsabilità è forse di una scarsa pubblicizzazione dell'evento, o dell'abitudine fabrianese di trovare il loggiato chiuso. Tuttavia l'esposizione ha contato più di 500 visitatori, tra cui lo scultore Barbarossa ed il pittore Moschini. Un principio degno di un percorso crescente che spero abbia gloriosi seguiti. Complimenti a chi ha reso possibile il tutto e GRAZIE ai visitatori che si sono goduti, a mio avviso, una mostra di indiscutibile fascino ed originalità.


Ringraziamenti speciali: Cristina e Emanuela Pucci, Lorenzo Ciavola, il mio papà.

Marco Stagnozzi

martedì 4 settembre 2007

Prima opera edita di LORENZO RAMADORO Il Filo Editore, gruppo Mursia __________ (pp. 260, € 16)

L'immagine in copertina è opera di Stefano Ramadoro

Il reale e il virtuale, il fotogramma e il digitale resistono ancora in competizione e c’è anche chi li usa contemporaneamente, navigandoci dentro con disinvoltura.
Uno di questi è proprio Lorenzo RAMADORO, per cui ho creduto bene di avvertirvi per tempo; avvertimento utile per consigliarvi a non tralasciare la lettura nel momento che vi incontrate con un periodare che, secondo voi, non scorre bene, o è, per lo meno, oscuro, a seconda dei canoni del comune andamento culturale che conoscete già. E ciò vale sia per lo stile – originale, creativo – che per il trasvolare spesso fra il reale, l’irreale e la fantascienza.
I personaggi de I mutevoli sensi dell’Umano si intrecciano in dialoghi densi di sentimenti e di quotidiana confidenza, incrociati, non di rado, da sentenze moraleggianti e sferzanti a riguardo della società del duemila, la quale, tuttavia, si sta realizzando verso scenari di pieno tremila.
La prosa, libera, si scontra o si incontra con brani di poesia di avanguardia e l’amore, della coppia di conviventi ovunque, si realizza agevolmente in quel “fare all’amore” che distingue il sangue giovane dentro lo scorrere facile della società in “mutaformazione”.
- Dalla prefazione di Dandolo Travaglia-


I mutevoli sensi dell’Umano è una raccolta partita inizialmente da un solo romanzo, “Barjack & Dijan”, al quale sono stati in seguito affiancati altri racconti che si inoltrano in nuove direzioni nell’analisi di una natura umana le cui capacità reali sono tutte da scoprire.
In una commistione tra scienza, magia e religione cerco infatti di trovare una visione stabile capace di poggiare le basi per una reale crescita umana. Una magia che scaturisce dalla capacità creativa derivante da un processo di crescita interiore.
La magia presente nei racconti non è un dono appartenente ad una casta privilegiata di persone bensì il risultato della comprensione e della Fede nelle proprie capacità.
Ovviamente, la mia è un’idea, l’impronta di una filosofia di vita. Una visione che non è importante in quanto tale; l’elemento rilevante nell’intera opera è il ruolo essenziale dato all’immaginazione (e alle percezioni) nella possibilità di cambiamento della storia umana.
Un chiave di volta, un modo per far riflettere e scuotere la fantasia verso un futuro che non per forza deve essere una mera proiezione delle logiche di mercato che hanno mosso il XX secolo.
- L'autore -


La pagina ufficiale del libro, all'interno del sito della casa editrice, la trovate cliccando QUI

Se poi cliccate al sito www.lorenzoallegrini.tk/, al post del 10 settembre.
Troverete l'opinione di Lorenzo Allergrini sul mio libro, e il mio succinto (si fa per dire) commento.

domenica 2 settembre 2007

TEMPO BISLACCO, Lorenzo Ramadoro rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.13 commento di Luca Fiorani

foto: Time after time by jef safi

Cosa è l'immortalità, se niente atro che il sogno, coltivato dai posteri ed evolutosi, nel corso dei secoli fino a diventare l'aspirazione massima dell'uomo di oggi.
Questo brano si snoda nel tempo dilatato di due o forse più esistenze, finché la memoria, riesce a tenere vivi i ricordi. Ciò che lega il protagonista al passato non è altro che l'immagine della bellezza del viso della prima amata, un'immagine indelebile che è l'unico frammento di quello che i giorni hanno via via scolorito.
Il presente è un altra, con la sua bocca candida da baciare ed il suo calore, reale, palpabile e ciò
che di più vivo ci può essere in una relazione che potrebbe sembrare normale… con la sola variante che lui ha duecento anni o più, inverosimile ma il destino, destino forse un pò bislacco, ha deciso che a lui toccherà fare quello che altri, in puerili quanto inutili sforzi hanno bramato, infrangendosi contro l'ineluttabile fine, il trapasso, ora saranno liberi dai tormenti terrestri. A lui è dato di vivere e sentirete, il fragore della sua voce rimbombare nei secoli. Quando l'imbarazzo di dover fare il traghettatore degli altri e vedere le esistenze scorrere, spegnersi come candele, diventerà angoscia, paura di una solitudine eterna e dolorosa, diventerà quasi insopportabile, un'unica ed insostituibile medicina lo guarirà da quel malessere:"L'Amore!"
Buona lettura.

Luca Fiorani




Sento cedere la penna ed il cuore rallentare, un freno alla vita.

Memorie da rivivere come fantasma nella pelle dell’osservatore... un altro effetto di questo roteare di tempo. Mi ha preso e respinto indietro. Con un battito d’occhi son tornato. Ho attraversato a ritroso…
Il tempo, vedere la minaccia delle ciglia farsi bianche, i capelli diradarsi, la pelle scendere…
Dopo aver terminato, son retrocesso a nuova vita. Il primo a cui è stato concesso altro tempo.
E non lo sapevo…


Il resto del testo lo trovate sul sito di Intercom, cliccando QUI

venerdì 31 agosto 2007

Preparazione al Festival Multietnico


Sabato 1 e Domenica 2 Settembre la sede dell'associazione Orizzonte degli Eventi sarà aperta per ospitare tutti i soci (e anche i volontari non soci, con particolare riferimento al Gruppo Saltatempo) per l'allestimento materiale del fiume di stoffa per il Festival della Cultura Multietnica. Potete tranquillamente dormire presso la sede portando sacco a pelo e stuino (per chi ancora non l'avesse chiaro casa di Tatiana, vedi indirizzo in fondo). Per chi volesse alcuni di noi sono già sul posto venerdì sera. per mangiare se volete portate qualcosa, oppure faremo spesa insieme. Sabato mattina verso le 10:00 saremo operativi e iniziremo a lavorare. non fate quindi i furbetti, presentandovi per la cena...
Mi raccomando, ci serve davvero una mano perchè si tratta di dipingere e scarabbocchiare sopra diversi metri di stoffa: se siamo in parecchi e ognuno fa un pezzettino ce la sbrighiamo in poco tempo, altrimenti diventa tutto più pesante e i tempi si allungano...
inoltre, tempo permettendo, ci cimenteremo nella produzione di qualsiasi oggetto vendibile, magari 'riciclando' materiali: se avete delle idee è ora di tirarle fuori, e portate magari l'occorrente per realizzarle!!

un abbraccioooooo


Il Presidente

Gabriele Bianchini


Orizzonte degli Eventi Associazione di Promozione Sociale

Loc. S. Martino n° 5, 60040 Genga (AN)

Tel. 3497159929 Fax 0732626831
C.F.: 90018930421

martedì 28 agosto 2007

L'Acqua, tra l'uomo e la solitudine.


La malinconia di una vecchia alleanza, tra l'uomo e la natura, mi domina, crescendo. Il cappio si stringe e in un momento di solitudine lei è l'unica a farmi compagnia, scende languida, tra i miei occhi e l'infinito.

Marco Stagnozzi

lunedì 27 agosto 2007

mercoledì 22 agosto 2007

Ode


di Gabriele Bianchini


E d'un tratto d'estate l'inverno,
occhi chiusi mi sognano.
Abbandono, oblio silenzioso.
La tua voce s'ode,
arrivare da lontano,
come vento nel deserto,
poi tempesta di sabbia,
cancella e confonde ogni sentiero.
E’ qui che il tempo perde significato.
Qui le nostre labbra secche s'inseguono,
tra rovine di un mondo ormai sconosciuto,
torreggianti scogli di un reame perduto.
Era questo dunque?
L'orizzonte degli eventi si stende innanzi a noi,
infinito ed invisibile,
a pochi passi di distanza
lo avvertiamo sui nostri piedi nudi,
sulla nostra pelle.

I tuoi occhi,
i miei occhi:
s’incontrano.
Poi si chiudono.
La tua mano,
le mie braccia.
Poi la luce...
Fiamme di luce infinita...
E’ il sole.
Ci accoglie.

L'impossibile II



di Gabriele Bianchini



Ogni notte che ricadrò ai piedi della tua visione
sopraffatto dalla ferocia della tua bellezza,
sentirò come un soffio alle mie spalle,
la dolce carezza di una falce.
Allora il mio corpo cadrà per fotogrammi. Nel silenzio e nel torpore.
Oh Morte, liberami dalla necessità!
Accogli come dono questo simulacro nel tuo grembo di sogno!
Oh… Lasciatemi cadere,
sprofondare nello scuro velluto del sonno:
qui i suoi baci esistono.
Le nostre rose, i nostri bambini… corrono!
Mari d’erba nella brezza rossa del crepuscolo…
E tu, giglio di nuda bellezza.
I nostri petti raccolgono selvatico il profumo
e il cielo è riflesso in quegli occhi…
Poi giro lo sguardo
e mentre l’umiltà mi saluta sorridendo istericamente,
sono l’Uomo,
come un sole incandescente e stanco
si abbandona all’orizzonte,
con il capo reclinato
e la nuca già nella notte:
l’impossibile si svuota,
riversando a terra tutte le sue cianfrusaglie,
che sembravano luccicare così avidamente!…
Domani mi risveglierò libero!
E leggero
come l’aria.

mercoledì 8 agosto 2007

ALTRI TEMPI, Lorenzo Ramadoro _ rubrica Racconti curiosamente iridescenti n.12 illustrazione di Daniela De Maria

Con questo numero saluto i lettori per le vacanze. Vi lascio con un racconto leggero, gustoso; adatto a ragazzi e meno giovani, condito da un poco di scetticismo per il presente e speranza nel domani. Un storia che richiama le nostre terre, sbalzando il passato nel futuro.
Buona lettura.

illustrazione di Daniela De Maria

C’era una scusa curiosa che si usava quando eravamo giovani.
Quando una donna era quella che sposavi, e l’accettavi, e non pensavi più che ci potevano essere donne migliori di lei.
Quando non avevamo bisogno di reti per sentirci parte di un gruppo. Quando si era meno soli e più sereni.
Quando le storie non le vedevi davvero, ma te le immaginavi nei racconti accanto al fuoco.
Quando la palestra era alzarmi la mattina all’alba e parare le pecore. O spazzare per terra raccogliendo cartacce con un bastone appuntito. O cogliere frutti e mietere il grano. E non esistevano operatori ecologici, anziani, o altri parole simili. Quando non ci si sentiva offesi per essere stati chiamati contadini.
Quando una bistecca la mangiavi solo una volta al mese ma lo sentivi il sapore, e non la vedevi dimezzarsi sulla piastra mentre la cocevi.
Quando si era gente semplice senza bisogno di sabato notti o di schifezze per rallegrarti la serata. Bastava il vino, e nessuno moriva ammazzato alla guida, perché si restava in paese.
Adesso c’è questa strada che se la segui ti porta ovunque. Ci puoi andare anche in Inghilterra, dove sono tutti matti e appena arrivi ti cambiano il verso della vita. Una volta bastava poco per capire come girava il mondo. Sapevi che c’erano dei nemici, per alcuni erano quelli rossi al di là del mare, per altri quelli oltreoceano...


Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

venerdì 3 agosto 2007

Lorenzo Ramadoro pubblicato in una raccolta

LORENZO RAMADORO è stato segnalato al concorso nazionale "Echi di memorie 2006 - poesie e lettere d'amore " e pubblicato sull'omonima raccolta edita dalle associazioni culturali:
L’A.R.C.A. di Montepaone (CZ)
Il Musagete di Francavilla (CH)





Un estratto del racconto lo trovate nel suo sito personale, cliccando QUI

martedì 31 luglio 2007

PENNEDOKA pubblica SALTATEMPO!



Alcuni di noi

Elisa Mearelli

Marco Stagnozzi

Lorenzo Ramadoro


sono stati pubblicati sul 6° numero della rivista dell'Informagiovani di Alessandria "Pennedoka"; rivista che in questo numero affronta il tema della TERRA.
Ovviamente non abbiamo mancato di fare pubblicità al gruppo...

Potete consultare la rivista su internet o presso le librerie Boréa, Babele e Pandora, la cartolibreria Lotti e l'Informagiovani/CAG di Fabriano.











La rivista è strettamente legata al gruppo Anonima Artisti di Alessandria.
(entrambi i link - Anonima Artisti e Pennedoka - li trovate elencati tra i collegamenti qui di fianco a destra)












BANDIERA, Lorenzo Ramadoro _________ rubrica"Racconti curiosamente iridescenti" n.11 - commento di Luca Fiorani illustrazione di Marco Stagnozzi


Il tratto di Lorenzo è sospeso tra intreccio narrativo e estro poetico.
Anche se sembrerebbe la logica nei suoi versi a prendere il sopravvento sul cuore,
anche se tutto il suo sapere è proteso nel darsi una ragione ,anche se il pensiero deve portare sui lidi tranquilli di una spiegazione plausibile, tutto in lui trabocca di inquietudine, di un disperato e lancinante bisogno di comunicare questi dubbi,
questo malessere avanza, riga per riga, con un ritmo incalzante, che penetra, ti av-volge, ti coinvolge.
Non è possibile rimanerne fuori perché ti trascina dentro il suo mondo fatto di crude constatazioni, di rabbia e di dolore espressi senza mezze misure, senza compromessi e tu ne rimani attonito, colpito, ferito a volte.
La verità fa male, essere franchi, veri, spesso è scomodo, ma ci si guadagna in salute a sputare certi rospi perché non possiamo essere sempre: Bandiere!!!
Luca Fiorani


Illustrazione di Marco Stagnozzi



Il sole asciuga dalle intemperie
La pioggia rinfresca dal sole cocente
Non c’è dimensione, non c’è spazio, non c’è piedistallo su cui poggiare

Una bandiera senza palo, s’infanga cadendo
Si strappa, si pente

Lancia vampate d’orgoglio volando in aria
Si spande nell’aria
Si perde nei vortici, sussulta
Ha un fremito

Un oggetto non ha una sua etica
Una bandiera si logora
Si sporca, indipendentemente dal valore attribuitole
Che si sputi su di essa o si inneggi il suo splendore, poco cambia
è un oggetto, un coso senza vita

Che gli si imprechi contro vomitando lamentele
o si glorifichi lodando i suoi meriti
Poco conta
Non mi importa, vi ho già detto

Potete tenervi la vostra realtà
Il vostro scavare nel fango per rimbrottare soddisfatti
Prendete quella bandiera lì, non avrò più anima nel presente
Sarò un straccio vuoto privo di speranza per il mondo contingente

Lo sono da sempre e non me ne ero mai accorto
Non capisco a cosa serva analizzare le problematiche del presente se l’unico modo è quello di rifondare il futuro
Vi lascio questa bandiera al vento, in attesa di essere appuntata ad un palo
Una speranza senza padrone che ormai non risplende. Vi cedo quello che vedete di me. I miei sorrisi,
la mia presenza qui e ora.

Lo spirito però lo terrò mio,
lo scaglierò violento verso l’avvenire (non vivrò, senza soldi, non potrò acquistare)

Non ha alcun senso, ora, la lacrima. Io non sono più qui, in mezzo a voi
Io sono altrove, senza miraggi d’ascetismo o discorsi da santone
Solo futuro, solo il proiettare ogni giorno su una tela diversa un plausibile piano di realtà
Quello che si costruisce da adesso in poi non ha più senso. È solo un punto.
Dovremo buttar giù tutto e fare nuova luce
Io aspetterò il giorno nuovo dando visibilità a molteplici futuri, che potranno essere spunti per discorsi concreti o mere inutilità intellettuali. Cosa perdo, in fondo; Questa vita?
Lorenzo Ramadoro


venerdì 20 luglio 2007

NEI LORO OCCHI, Lorenzo Ramadoro inserito nella rubrica "Racconti curiosamente iridescenti" n.10 - commento di Lorenzo Allegrini

La frammentazione come cifra. Periodi brevi, e l’incomunicabilità delle persone che si materializza in veri e propri paragrafi autosufficienti, in “persone paragrafi” si potrebbe dire. Questa caleidoscopica varietà si riflette nei pensieri dei personaggi come nel mondo che, grazie agli occhi “della mente” degli stessi, si riesce ad intravedere nel racconto. Un mondo di sussulti intensi come rivoluzioni, e di successive violente disillusioni, aride come deserti dell’anima. Dunque, buona fortuna a chi riuscirà immediatamente a ricostruire con la precisione di una realistica fotografia il filo conduttore del racconto di Lorenzo. Come buona fortuna bisogna augurare ad ognuno che tenta realmente di ricostruire la complessità del mondo vero, quello in cui tutti viviamo con milioni di punti di vista diversi.





Miguel
Sbuffo odio, scalcio di rabbia, e premo. Premo le dita su questa piuma pesante come il grilletto di una pistola fumante. Come le lacrime tonde che si infrangono gocce sul terreno. Lento scivolo indietro di pochi momenti a quando giacevo nel terrore. Alle spalle larghe di mio padre coprirmi dai colpi. Bossoli morti finiscono a terra scrosciando secchi sul pavimento. Stridono coi lineamenti docili di una donna sorridente. Vecchia e gioviale signora, vista da lontano, dall’altra parte della foto. Il tempo era un risvolto che mi apriva l’immagine di decenni passati. Immobile nella sua posa, la foto della nonna riposta sulla massiccia scrivania. La nonna che non avevo mai avuto. La madre che babbo guardava sempre in un lieve sospiro.
La nonna… e il padre ora stava morto.
Logoro di paura, zuppo di sangue, il marmo inghiotte le macchie. Risucchia l’emozione di un bimbo disperato nel vedersi puntare dalla morte. Un ometto innocente pulirsi la manica sporca. Premere su una linguetta d’acciaio nero sprofondando l’incubo in un bagno di morte.
Fu così che accade, l’assassino ricadde sul corpo del padre e giacque morto.
Mentre fuori un altro innocente moriva, un altro araldo di libertà periva; fu colto d’improvviso e finì riverso cadendo lungo le scale d’ingresso del palazzo presidenziale. Uno solo di scuro nero, un solo piombo a infilar il cervello.
Fuori appassiva la conquista di anni di dure lotte per la democrazia, carrarmati ornavano i cadaveri sdraiati.

Alejandro
Sgorga rabbia dalle mie vene. Odio di bambino, di quando vidi mio fratello cader giù per le scale. Quando lo vidi schizzare di morte dalle cervella. Di quando tutto il mondo tirato su a fatica da mio padre venne abbattuto a fucilate.




Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI

mostra sull'acqua, Lorenzo Ramadoro

Non metto foto,
nel caso qualcuno voglia illustrarle mi faccia sapere tramite mail
(nella versione originale sono previsti dei rientri che il blog non consente)


1
Gocce sul terreno arido,
sul cuore avido della terra
Laddove cadono perpendicolari i raggi arroganti

Pensateci su,
Perché io non posso sperperare buonismi
Quando consumo eccessi d’acqua
per depurarmi la pelle
per sentirmi pulito

Trovatele da voi le parole
Le immagini con cui descrivere
Un uomo, un vecchio, una bambina
Morti con la bocca riarsa
di carestie, d’epidemie, di sete

Immaginatevi come
ci possa sentire a dover percorre
Centinaia di metri
Molteplici chilometri
Per raggiungere un pozzo

Io non posso,
c’è della sporcizia
in ogni goccia scolata dallo scarico
con i piedi coperti di soffice schiuma

Si potrebbe parlare di uguaglianza
Di volere un mondo migliore
Ma non sono capace di descrivere null’altro che falso rimorso

Pochi di noi giovani,
noi “occidentali”,
possono capire cosa si prova
Quale disgustoso tormento è la sete
e la rabbia di sapere che altrove la gente La sperpera
e la voglia di vendetta che ti controlla
e muove i tuoi gesti
verso atti ignobili e stupidi

Io m’arrendo
La mia fantasia cede il posto alla realtà

E se questa “cosa”
Questo mazzo di lettere spagliate,
vi ha tirato su un sussulto
vi ha fatto sentire un poco più mediocri
(come esseri umani)
allora ha assolto il mio bisogno
via ha reso un minimo più coscienti

Altro,
non posso




2
Spezzate
Cadute
Ritorte e scombussolate


Acidi gastrici
Vite pericolanti aventi l’innata volontà di esistere
decisamente recise dalla mancanza
d’Acqua

Mentre più a Nord
C’è chi squaglia ghiacciai
Li tira giù dal polo
e ne commercializza il frutto
in bottiglie da centinaia di $

E l’igiene…
Cianciamo a sproposito
conficcando giudizi su chi si lava poco
Poco contegno, la gente poi puzza
Ma la sporcizia c’invade,
ci devasta lo spirito
seppure non si sente vizio
non lascia indizio

Quella gente
Laggiù
Avente la colpa di essere nati male

Quella gente del Sud (del mondo)
Non può neppure berla l’Acqua
Non può neppure immergersi nel suo dio
Nel Fiume Sacro

Gente che muore infettata
di stenti
di fame
di guerre


E noi restiamo su
Li giudichiamo dall’alto del nostro sguardo
L’inaridiamo con colture intensive
con estrazioni massicce e insalubri
e loro dovrebbero sorridere immobili?

Non era questa l’anima dell’Uomo che sognavo
Non è questo l’indirizzo
e anche se la mia, era solo un’utopia
da ragazzino
anche se, per quanto si pulisca
resterà la puzza
Cosa volete, sono un vile,
ma dovevo almeno imbiancare
la mia parte sporca

martedì 17 luglio 2007

lunedì 16 luglio 2007

domenica 15 luglio 2007

Riunione del 14 Lug 07 - "saltatempo"


10 Partecipanti, a decidere dove e come partecipare al Festival Multietnico di Fabriano. Avremo a disposizione un locale al centro storico dal 13 al 16 settembre per una mostra d'arte. Tema: l'acqua ( titolo: W.C. Water Contest ). Faremo poi una performance, sabato 15 settembre, per evidenziare l'importanza dell'acqua nella vita dell'uomo.
°
hanno partecipato:
°
Andrea e Sauro Mori: andmsn@libero.it

Emanuela e Cristina Pucci: sbattart@yahoo.it

Alessia Marchigiani: fruscydark@yahoo.it msn: fruscy@hotmail.it

Romina Pantanetti: edra_@libero.it

Lorenzo Allegrini, Luca Fiorani, Lorenzo Ramadoro, Marco Stagnozzi: vedi artisti partecipanti
*
*
P.S.: chi volesse partecipare all'esposizione di disegni durante la FABCON di Fabriano (dal 13 settembre) , con disegni stile fantasy, fantascenza, contattare al più presto per info: Mangano Manfredi 3386778088 lokendil@gmail.com

sabato 14 luglio 2007

pazzia di Daniela De Maria

DEA A SORPESA, Lorenzo Ramadoro inserito nella rubrica "Racconti curiosamente iridescenti" n.9 - logo di Marco Stagnozzi

La rubrica dell’anno scorso è maturata. Presenta commenti e illustrazioni realizzate da ragazzi diversi che lega gli autori. È una commistione, un racconto e due differenti punti di vista esterni che esprimono le proprie, indipendenti, visioni, così che il lettore sia il quarto punto di vista. (Opere che troverete nei prossimi numeri)
La rubrica cambia, si fa adulta, a volte, tocca temi importanti, contundenti e contrastanti.
Perché nel nostra cittadina c’è un’esplosione di talenti dovuta alla ristrettezza degli spazi in cui poter respirare arte. Giovani che stanno scheggiando argini. E questi artisti, coinvolti assieme, stanno generando succulenti prospettive.
Ringrazio Marco Stagnozzi per essere l’artefice dell’affascinante logo della rubrica, abbondante di metafore.




Rosa nera in dono alle Dee delle lacrime
di bionic man20







Apri, come una scatoletta.
Prendi in mano il tuo squarciascatole e afferrami le cervella.
Butta via e scarta le brutture, l’odio, tutto quelle che ho sbagliato ad imparare

Prendi le mie mani, abbi curiosità
Per quel che sei,
mia divinità.
Mia, creatura, mio ricordo di tempi sprizzanti
Perché non riesco ad immaginarti?
Perché non riesco a piangere la tua assenza?
Dove sei adesso?
Dopo che ti ebbi scritto, dopo che ti sei spenta
Presa dalla mia mente è strappata, rinchiusa tra le pagine di un libro
Che non serve.
Che non aiuta, solo per una pubblicazione
Per avanzare in direzione di un sogno
Quella seconda alba sulla destra che è segnalata dal fumo di un comignolo.
Preceduta da tempi sporchi, da malattie, da mal di stomaco, da intolleranza d’intestino e di pelli.
Una pelle di scrittore che neppure vorrei se non fosse che dovrei campare, dovrei trovare un modo.
Sporcarmi,
sorrido. È come un tuo scatarro che cade in giù senza alcuna utilità

La voce che batte al ritmo di grancassa mi ricorda…
Muore la forma, il verbo ed il sapore
Muore il desiderio, la voglia e lo stupore
Muore l'idea di me che c'è nella tua mente
Perciò è meglio che tu non pensi a niente […]

Mentre uccidevi l'anima Mentre uccidevi
Mentre uccidevi l'anima

Proprio come tutto il resto ha fatto
(proprio come tutto il resto) […]
Proprio come tutto il resto ha fatto già
*


E il ricordo, e la pelle di quei giorni…
Dove mi piace pensare che il cielo era brullo, sgangherato tra nubi, stelle e lune..
Competizioni di paesaggi orgogliosi d’essere radiosi
Bellezze logorate dallo svenevole andare e venire di quest’uomo

Mia dea, sai, ci sono uomini e donne che stanno leggendo, e magari bambini e magari una bimbetta carina e curiosa che corregge ogni mio errore, ogni tempo diverso dalle precise regole grammaticate.
__________________________
* "Pop" (Germi) degli Afterhours



Il resto del testo lo trovate sul mio sito, cliccando QUI
(la versione che trovate postata su questo sito al 22 giugno,
è un poco differente da questa)



mercoledì 11 luglio 2007

DA UNA LAPIDE, Lorenzo Ramadoro (pubblicato sul sito di Intercom)

Credo sia una buona occasione per fare un po' di pubblicità al gruppo inserendoci in altri siti.


Questa storia inizia da una lapide su cui crebbe un amore. Ma lasciate stare il solito gioco del cerchio della vita, del circolo di vita e morte che si perpetua in eterno. Non è di quello che vi voglio narrare.



La prima volta che la vidi i suoi capelli erano castani, lunghi fin dietro le spalle. Sorrideva riversa su di una sfera poggiata al terreno. Una sfera imperfetta sgorgata dal suolo con le sue miriadi di sfaccettature, con i suoi bozzi, con la sua miseria di forma scorretta. La bimba posava la schiena su quella scultura. Rimasi stupito dalla sua mancanza di tatto, dalla sua strafottenza. Chi era quella, per poter sedere al fianco di mio padre? Chi le dava il diritto?
Andai da lei chiedendole con garbo d’andarsene. Lei domandò spiegazione, quasi la pretese. Fui colto dalla rabbia e l’intimai di alzarsi. Lei rimase immobile con la schiena contro la roccia. Fu allora che mi tornarono alla mente le parole di Henry. «Il terreno non appartiene a nessuno, passa di mano in mano secondo le esigenze. Il terreno su cui riposerò dovrà essere così. Desidero solo questo, Peón.»
Parole resuscitate dai meandri della memoria. Parole celate che quella bambina aveva disgelato. Il destino mostrava il suo primo volto.
Con gli occhi confusi da iperboli di luce, le sorrisi, dicendole che poteva rimanere seduta se lo desiderava, se aveva bisogno di un appoggio su cui riposare.
Gentío Lodel



Ero distesa, riversa nel mio dolore quando li vidi. La pancia mi esplodeva in una sofferenza atroce e stupenda. Ero sola, e loro erano troppo lontani per poter udire la mia voce strozzata dai gemiti. Ricordo la vista sfocata, alterata da lacrime. Ricordo il mio sforzo, la profonda tristezza e l’immensa gioia di quel giorno così straordinario.
Era forse un dono? Era il circolo della vita che mostrava il suo volto radioso? Due germogli che venivan fuori nel stesso momento. Lo sbocciare di un bacio e l’erompere della vita dal mio ventre. C’era un ché di magico, di estatico, in quell’attimo. Per un breve lasso di tempo sembrava che stessi afferrando il tutto. Come se le antiche teorie rapprese avessero palpitato a nuova vita. Come se dando la vita a costo di un immenso dolore potessi ricevere in cambio la comprensione che non mi era stata rivelata con anni di studi. Io, la miglior discepola, la più irriverente mente della scuola di Ser.
Sotto l’influsso di quella eufonia un leggero alito di vento trasportò parole pronunciate da un alchimista bislacco che seguitava a credere nell’impossibile. «Per avere qualcosa, bisogna dare in cambio qualcos’altro del medesimo valore.» La vecchia storia del Principio dello Scambio Equivalente. Era ovviamente una credenza popolana, eppure mi sembrava collidesse esattamente con l’estasi del momento. La sofferenza del parto veniva ripagata dalla gioia di una nuova creatura venuta al mondo per mano mia. Gli inseguimenti, gli attimi di terrore, la sensazione di assoluta impotenza. La fuga dal mio paese attraverso gli stati del nord, venivano ricambiati dalla visone della campagna circostante, del verde, e della più palese espressione d’amore tra due giovani. Non potei fare a meno di piangere nuovamente nell’osservare le carezze dei due amanti seminudi premuti sulla pietra quasi sferica. Le dita dell’uomo scivolavano sugli scintillanti capelli della ragazza. Il ricordo di me e Samuel era troppo pressante, troppo incalzante per liberarmene immergendomi nella meditazione. Appena mi ripresi riuscii, con un ultimo sforzo, a dare alla luce la mia bambina. Quindi la pulii come meglio potevo con le mani, strappando fili d’erba o raccogliendo foglie secche. L’ultimo gesto che ricordo fu il bacio che le diedi mentre la piccola batteva le mani sui miei seni. Poi svenni.
Priscilla Sunder



Nel vedere un raggio di sole così intensamente splendente irradiare di luce la lapide del grande Henry Lodel rimasi colpito. Quella lapide pareva filtrare i raggi, sgusciarli dalla loro pellicola invisibile dando loro una consistenza. ...



Potete trovare il resto della storia sul sito di Science Fiction "Intercom",
cliccando QUI
(se guardate in fondo troverete alcune notizie sul nostro gruppo)


Daniela De Maria

domenica 8 luglio 2007

LO ZINGARO DI MILANO, Lorenzo Allegrini inserito nella rubrica "A mano sciolta" n.34


Con questo numero si chiude (per un po’), la rubrica “A mano sciolta”.
Dal prossimo numero partiremo con il nono numero della mia vecchia rubrica “Racconti curiosamente iridescente”, che colmerà questa breve parentesi estiva.




Prima che la rubrica vi saluti, ci terrei a ringraziare Stefano Ramadoro per il logo, una curiosa sintesi fumettistica degna di nota.





Commento dell’autore
La miseria non va spazzata via con sufficienza, ma combattuta con pazienza e comprensione. E la diversità non può essere nascosta, né cacciata fuori dalle circonvallazioni esterne o dai raccordi anulari, come sta avvenendo rispettivamente a Milano e a Roma.





Sono uno zingaro, e arrivai per una strada d’oro. Fino alla periferia di Milano, che raggiunsi tenendo bene per mano i miei nonni dalla Romania. Mi ricordo le larghe distese di verde e i casamenti alti tutti pieni di terrazzi, con cento occhi di parabole. I miei nonni si curavano poco di me, piuttosto avevano sempre gli occhi disciolti nel viaggio, perché il viaggio è quasi tutto per noi zingari, e se sembra che siamo tristi, in realtà ci stiamo solo commuovendo. I miei genitori non li ho mai conosciuti e non so cosa sia accaduto loro, nonna diceva che non era importante perché anche chi non li ha mai conosciuti ha dei genitori. A me sembrava importante pure averli vicini, però io le davo retta in tutto, e quindi anche su questa cosa mi auto-suggestionavo per darle ragione. Alla periferia di Milano ci eravamo costruiti una casetta di lamiera, e più o meno tutti gli zingari si erano sistemati come noi nel campo nomadi, si conduceva una vita comunitaria. D’inverno era molto freddo e d’estate puzzavamo un po’ (mio nonno moltissimo), ma tutto sommato stavamo bene, ed io e gli altri bambini giocavamo con i cani del campo, ché ci intendevamo bene tra randagi e potevamo trascorrere insieme le giornate senza annoiarci. A volte mi toccava andare a chiedere l’elemosina vicino alla stazione Centrale o al parco Sempione e, se tiravo su un bel gruzzolo di spiccioli, di nascosto mi ci compravo un cono gelato alla fragola e al pistacchio.
Quando mia nonna si metteva a leggere il futuro nel caffè agli altri zingari del campo che venivano da lei per un chicco di conforto, mio nonno mi prendeva da una parte e mi ripeteva sempre: «Tu non devi credere ai fantasmi o a chissà che dio; gli uomini possono essere liberi come gli spiriti, ma sempre rimanendo in carne ed ossa».
«E dopo la morte che succede?», gli chiesi una volta io, incuriosito.


Il testo completo lo trovate sul sito www.lorenzoallegrini.tk




venerdì 6 luglio 2007

giovedì 5 luglio 2007

STORIA DEL GRUPPO... Partirò dal principio

Partirò dal principio, dirò com’è iniziato tutto. Dalla rubrica “A mano sciolta”, che mi ha aiutato a trovare ragazzi talentuosi e appassionati d’arte. Comincerò da quando ci siamo incontrati, era novembre.
Così è spuntato il primo gruppo la cui identità resta ancora un mistero: abbiamo parlato di aspettative e di progetti da condividere, e non avevamo da subito ben chiare le idee, ma dal gruppo qualcosa stava sorgendo.
La maggior parte di noi s’interessa di arte. Alcuni, come me, considerano l’immaginazione come una forza capace di cambiare la realtà. Senza tanto sognare, per farla pratica, c’è chi crede che l’arte sia lo strumento capace di mostrarti nuove sfaccettature della realtà, consentendo una maggiore comprensione della stessa, e creando una coscienza, una voglia di fare, di muoversi.
Nel gruppo c’era chi aveva l’impressione che Fabriano avesse bisogno di un polo in cui far convergere i ragazzi e farli dialogare, così che di potesse provare anche ad affrontarne alcuni problemi. Fabriano è una cittadina incassata tra le montagne che è poggiata completamente sull’industria, tanto che proprio da noi è sorta la figura del “metalmezzadro”, ovvero un operaio che nel tempo libero fa il contadino.

Dopo qualche tempo ci siamo spostati alla 2° piano della libreria Bòrea che i nostri amici Walt e Susy ci hanno gentilmente permesso di occupare durante il sabato pomeriggio.
È esploso un grande fermento quando abbiamo deciso di prendere parte alla manifestazione sulla Decrescita. Un sabato, in particolare, le cose sembravano veramente idilliache. Tante persone, tanta partecipazione, cena fuori tutti insieme. La manifestazione andò bene, piacque l’argomento e l’esposizione artistica.
Poi il gruppo si spezzò in due. Dopo varie “crisi d’identità” io, assieme e altri che partecipavano spesso, decidemmo di creare il gruppo artistico giovanile “Saltatempo”, (un nome generico per non sentirci ingabbiati in argomenti specifici). Ora gli incontri non sono più fissi al sabato. Lì decidiamo volta per volta. Il gruppo ha cambiato aspetto. Il vecchio gruppo è stato un po’ una fucina dal cui fermento è sorto il nostro gruppo e l’associazione “O.d.E.” (orizzonte degli eventi).
Noi di “Saltatempo”, siamo riusciti a realizzare uno dei primi propositi del gruppo originario, creare un blog. (l’indirizzo appare ogni settimana sulla rubrica “A mano sciolta”). Abbiamo iniziato una collaborazione con l’Informagiovani di Alessandria che pubblica le riviste “Pennedoka” e “Pennebik”, abbiamo un “infiltrato” negli “Artisti per la non-violenza” di Firenze. Per quel che vedo, tutti questi gruppi o associazioni sono molto disponibili a collaborare mettendosi “in rete”. Noi cerchiamo di sviluppare nuovi progetti.
Ci sarebbero tante altre cose da dire sulla magia dell’arte e sugli aspetti socio-culturali di cui ho parlato sopra. Ma credo sia abbastanza.
In fondo, il nostro scopo è l’ARTE. Creare un dialogo tra artisti e con gli appassionati. Adoprando l’arte come mezzo per diffondere una mentalità più aperta “parlando” alla gente con quadri, poesie, sculture e animazioni.
Lo

"uno dei tanti visi che faccio", Daniela De Maria

mercoledì 4 luglio 2007

Performance Art - Human River * Fiume Umano

All'interno del Festival multientico di quest'anno, avevo pensato (fondamentale l'input di Gabriele Bianchini) di dare vita ad una performance emozionante:
Essendo il tema di quest'anno l'Acqua H2O ( W.C. Water Contest - Contesti d'Acqua) si pensava di creare un Fiume Umano a Fabriano.

ho buttato giù 2 righe per pubblicizzare l'evento, senza sapere però dove e quando...

Dall'inizio, l'uomo ha sempre legato la propria esistenza all'acqua, l'uomo stesso ne è composto per il 70%, l'essere umano vivente è acqua.
Vivere completamente questa appartenenza al liquido più importante della terra è possibile.
Vogliamo ricreare un fiume umano che scorra per le vie della città.
Tutti insieme, sentirci per una volta un unica entità con un unico obiettivo: la vita e il benessere comune.
Anche l'occhio vuole la sua parte: per partecipare occorre essere più possibile colorati di celeste o di blu, compresa la faccia volendo, meglio se si hanno accessori da mostrare, agitare, stendere... (per ciò anche il bianco va bene, sarete spumeggianti!).
Invitandovi a partecipare, ci auguriamo che sia un esperienza unica! A presto...

Ulteriori informazioni arriveranno presto... intanto parliamone!

Marco Stagnozzi

venerdì 29 giugno 2007

PARLAMI MARE, Luca Fiorani ___________ inserito nella rubrica "A mano sciolta" n.33

commento di Lorenzo Ramadoro

Il numero di oggi presenta una terza poesia di Luca Fiorani, una poesia che vuole scorrere con il lieve alzarsi e abbassarsi di toni tipici delle acque; in un lungo rincorrersi di versi, di frasi, di cercare e trovare emozioni perse e sogni sfuggenti. Gioca sulla realtà e sulla sua contrapposizione con le aspettative di un animo candido. Ci porta tra i gorghi di uno spirito esule nel mezzo, rotto tra la superficiale ciclicità del quotidiano e il fluttuare della fantasia nel profondo; laddove appare in sottofondo un ottimismo implicito racchiuso nel racconto di una vita e di una coppia,lasciandoci ad immaginare come sarebbe - la vita - se il valore assimilante fosse l’amore.




Là dove finiscono le rocce
e l'acqua indurisce la battigia,
sulla schiuma leggermente si adagia
senza vita la medusa
sulla schiuma si perde
il mio silenzio.
Traccio con le dita,
lettere misteriose sulla sabbia,
ho chiesto alle pupille di parlare,
scrive lo sguardo oramai
ciò che il mio cuore
non sa più dire.
Portami tra le onde piccola orchidea bianca
portami tra il brusio dell'acqua
portami dove le vele diventano piccole,
portami a largo mia sirena.
Ho chiesto al mare di raccontarmi dei tuoi meravigliosi occhi,
e lui mi ha regalato
un maestoso cielo azzurro.
Ho chiesto al mare di te,
dove sei mio bel petalo ambrato,
disperso tra i flutti?
Parlami burbero mare di marzo,
che ti accosti ai cani ed agli impermeabili,
parlami di una felicità che è stata,
di una felicità perduta.
Parlami della nostra bambina guance di pesca,
ha tolto i sandali e saltella qua e là,
non pensa al futuro, né al freddo,
è solo un lieve torpore ai piedi,
nel cuore il mio tepore,
io che ti stringevo al petto dicendoti:va tutto bene ora.
E adesso accoccolati ad un pensiero,che si può nuovamente,
danzare su quel tappeto ondulato,
ed aspettare il sole d'agosto riflettere di nuovo quella sensazione
dai tuoi capelli alla mia solitudine.
Lassù dove il vento dell'est,
spazzola le chiome sopra i baveri alzati,
una notte d'inverno cadde una stella rossa,
stella che illumina il firmamento,
vento veloce, che sibila le note,
di una melodia conosciuta.
Provo ad intonare quella canzone,
ma non so più le strofe,
cerco nei ricordi, ma quella musa tace,
in gola solo un suono strozzato
ma io vorrei arpeggiare ancora
leggera e calda la mia voce.
Portami in quella conca nascosta,
nel nostro posto segreto,accenderemo il nostro bivacco,
portami per mano sul lino profumato della nostra alcova
portami al sicuro, mio fiore lindo del mattino.
Ho chiesto al mare di raccontarmi una fiaba,
mi parlò di una ragazza labbra di rosa,
eri tu amore mio.
Parlami mare silenzioso,
che aspetti solo che finisca questo esilio,
parlami di un costume azzurro,
lo riconoscerai tra mille altri.
Dove sei mia dea dai seni bianchi,
in quale spiaggia mi aspetti?
su quale barca saliremo?
Vela o motore?
Non importa perché il vento o il cuore mi guiderà!
Non importa perché tu sarai al mio fianco,
non so se in un tranquillo porto o alla deriva,
saremo figli del vento del mare,
di questo mare,mare amico,
mare che ci culli,
mare che ci accompagni,
mare che ci ami, che ami,
tutti gli amanti come noi,
mare in te confido, in te rifuggo,
Mare che mi permetti ancora di amare,
e credere che ci sia ancora,
speranza,
vita,
amore, sono ancora qui,
ad aspettarti!

martedì 26 giugno 2007

COS'E' LA GRAFICA D'ARTE?___________ Marco Stagnozzi - inserito nella rubrica "A mano sciolta" n.32

xilografia “Libero e Schiavo” di Marco Stagnozzi



Con questo numero della rubrica apriamo un vaso di Pandora, come spiega l’autore dell’articolo e dell’opera. Ciò significa che questo è solo l’inizio di un viaggio per meglio comprendere le varie tecniche della grafica.



Il termine "grafica" viene usato come sinonimo della grafica pubblicitaria e editoriale, essendo attualmente un settore professionale ben definito e ricercato, ma sarebbe bello spendere due parole per precisare e descrivere il panorama artistico che si cela dietro questa limitata percezione che oggi abbiamo della "grafica". Basta ragionare per capire che l'etimologia del termine stesso ha poco a che fare con l'impaginazione e la scelta dei caratteri (font). Grafica deriva da graffio, sinonimo di segno inciso, solco e calza a pennello per definire l'arte dell'incisione. Ora avrete in mente le incisioni da orafi, le decorazioni dei gioielli..., ci siamo quasi (un tempo gli orafi erano anche dei grafici). L'arte dell'incisione è una tecnica grafica ( grafia = scrittura ) che ha come scopo la produzione di una matrice utile ad essere stampata per riprodursi in serie (tirature). Esistono molte tecniche grafiche: l'incisione in piano (litografia), in incavo (calcografia) e in rilievo (xilografia) secondo il principio che sta alla base della tecnica medesima e che ne definisce il metodo con cui le matrici prodotte andranno stampate. Volendo fare un esempio noto, possiamo affermare con sicurezza che Picasso era un grande grafico, ma perché di lui si conoscono solo i soggetti pittorici? Vorrei sapere quanti professori spiegano Goya citando la serie di incisioni intitolate "I capricci", che compongono un elemento fondamentale per comprendere la sua arte e il suo pensiero. Un'altra curiosità: quanti hanno una stampa appesa in casa senza sapere qual è la sua natura? Uno dei pochi grafici conosciuti nella storia dell'arte è Henri De Toulouse Lautrec (1864-1901), che disegnò molte locandine per il Moulin Rouge di Parigi (da qui forse l'idea comune che la grafica si sposa con la pubblicità?), ma anche qui molto spesso ai soggetti delle locandine viene data meno importanza dei suoi dipinti. Purtroppo l'incisione viene sottovalutata da molto tempo, viene considerata un arte minore, accessoria, come un espediente tecnico per poter copiare un disegno, ma non è così. Molto bene lo ha spiegato Max Klinger ( 1857-1920 artista simbolista) nel suo trattato della pittura e del disegno ("Malerei und Zeichnung" 1895) sottolineando come le tecniche di incisione sono molto più efficaci nel descrivere l'anima delle cose non essendo appariscenti e piacenti come i lavori di pittura. Lui scrive: “(un buon incisore) vuole spesso richiamare il colore, ma non vuole tradurlo, perché il colore reale distruggerebbe quel mondo spirituale che il disegno, unico tra le arti, ha in comune con l'Arte e con la Poesia.". Ciò che cerco di fare è di richiamare all'attenzione un mondo snobbato e nascosto, ma di incredibile importanza e fascino, che fa parte del panorama artistico passato e contemporaneo e che lotta continuamente per conquistarsi quella fetta di palcoscenico dominato troppo spesso da altri mezzi comunicativi.
Marco Stagnozzi

venerdì 22 giugno 2007

DEA A SORPRESA, Lorenzo Ramadoro

foto: "Black rose for Goddes of tears" by bionic man20
Apri, come una scatoletta.
Prendi in mano il tuo squarciascatole e afferrami le cervella.
Butta via e scarta le brutture, l’odio, tutto quelle che ho sbagliato ad imparare dalla gente che mi vive dentro casa. LA mia casa, anche se l’atto è loro.
LA mia camera è come una gondola con sotto il buco che gorgoglia.

Prendi le mie mani, abbi curiosità
Per quel che sei,
mia divinità.
Mia, creatura, mio ricordo di tempi sprizzanti
Perché non riesco ad immaginarti?
Perché non riesco a piangere la tua assenza?
Dove sei adesso?
Dopo che ti ebbi scritto, dopo che ti sei spenta
Presa dalla mia mente è strappata, rinchiusa tra le pagine di un libro
Che non serve.
Che non aiuta, solo per una marcescente pubblicazione
Per avanzare in direzione di un sogno
Quella seconda alba sulla destra che è segnalato dal fumo di un camino.
Preceduta da tempi sporchi, da malattie, da mal di stomaco, da intolleranza d’intestino e di pelli.
Una pelle di scrittore che neppure vorrei se non fosse che dovrei campare, dovrei trovare un modo.
Sporcarmi,
sorrido. È come un tuo scatarro che cade in giù senza alcuna utilità

La voce che batte al ritmo di grancassa mi ricorda…
Muore la forma, il verbo ed il sapore
Muore il desiderio, la voglia e lo stupore
Muore l'idea di me che c'è nella tua mente
Perciò è meglio che tu non pensi a niente
[...]
Mentre uccidevi l'anima
Mentre uccidevi
Mentre uccidevi l'anima
Proprio come tutto il resto


E il ricordo, e la pelle di quei giorni…
Dove mi ricordo che il cielo era brullo, sgangherato tra nubi, stelle e lune..
Competizioni di paesaggi orgogliosi d’essere belli
Bellezze logorate dallo svenevole andare e venire di quest’uomo che necessiterebbe non esistesse più.

Mia dea, sai, ci sono uomini e donne che stanno leggendo, e magari bambini e magari una bimbetta carina e curiosa che corregge ogni mio errore, ogni tempo diverso dalle precise regole grammaticate.
Una bimbetta o forse una vecchia che sta lì stupita da tanta ignoranza. Un prof che non accetta che l’arte non poggia su nessuna regola, non richiede un linguaggio unico ma questo si reinventa ogni volta e chiuderla in uno sgabuzzino di regole stantie ne deteriora l’anima e la natura.
Qualcuno l’ha inventate quelle regole sulla base delle idee che gli si erano mescolate dentro
Potrei chiamarti Gea, mia dea, ma il nome non ha importanza.
Non importa che mi sentano, è solo che l’ho detto, che l’ho fatto per me.
Per cui, guardati dentro candida signora di ogni luogo, e continua a spiegarmi, come fossi il tuo stregone.
Come fosse il ritorno di quella madre padrona delle terre che una stella a cinque punte vista come simbolo del demonio a cacciato via.
Io non ballo, non bollo pentoloni, non prego. Io scrivo perché così chiedono i tre elementi che mi stanno dentro.
Ma di questo ora si presume il bisogno,
nei momenti di collasso una società espelle l’error.e

Riusciremmo a cancellare anche quelli e ad evolvere. Come esseri mutanti e dissacranti ogni menzogna, come alberi che fungono da ponti fra le stelle, come immagini che la mia immaginazione, fusa assieme a scrittori fantasiosi genera.
E c’è chi mi crede colmo di fantasia, si stupisce, e non sa che è sufficiente piegare le regole di quel che si vede per aprirsi a concetti implausibili.
Come chi dice che non bisogna metterci di mezzo la propria vita in quel che si scrive.
Ricordo che rimasi sguarnito di risposta, era troppo vuoto quel che mi stavi prospettando, che volevi definire scrittura.
Potrei farti degli esempi…
Scrivo di lettere a conoscenti ed anonimi lettori, all’indirizzo di uno spazio da colmare, di distanze da spezzare.
Catene, catene e vermi, e serpenti….
Perché l’uomo teme dei simboli? Ne vede solo una parte
Perché catene nn potrebbero essere anelli che uniscono?
E non constrizioni da spezzare?
(mi consentite di aggiungere una “n” di troppo per rafforzare l’aggravosità di una ristrettezza?
Vi consentite di ampliare il linguaggio per renderlo più proprio?
È sufficiente che nn generi una smisurata confusione… purché il messaggio raggiunga il destinatario
E meglio se il messaggio contenga immagini, suoni concentrati tutti identificativi dell’autore
Ogni parola come firma)
Perché questa voglia di essere indipendenti, di volerci sempre più soli?
Stride, deride

Mi stuzzica la curiosità meditare si ogni spinello che la mia dea si sta godendo. Ogni nube che sta inalando e la inebria.
Non hai due mani, o forse nessuna, forse tentacoli, non vedo motivi di concepire la bontà come un essere simile.
I paragoni falliscono tra esseri
Io solo sòno la risposta

Il mio mondo mi chiama, come suo suddito rispondo in attesa di congelare ancora il tempo e schernire il peggio.
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* "Pop" (Germi) degli Afterhours